
Ilenia Aloisio arriva a Verona dopo essere passata dalla Calabria – sua terra natia – alla Sicilia, fino ai Paesi Bassi. All’Univr consegue la laurea magistrale in Marketing e comunicazione d’impresa, rafforzando così un percorso di studi che oggi l’ha portata con determinazione, perseveranza e coraggio a ricoprire il ruolo di Global Digital Project Specialist per la casa di moda italiana Gucci, prima a Firenze e ora a Milano.
Ciao Ilenia, parlaci un po’ di te e del tuo percorso di studi.
Ho iniziato a entrare nel mondo universitario con la laurea triennale in Economia aziendale a Messina, vicino a casa mia dato che sono calabrese. Ho sempre avuto, però, l’esigenza di fare un’esperienza all’estero così, appena finita la triennale, sono partita per i Paesi Bassi e ci sono rimasta per quasi un anno grazie al programma Erasmus Traineeship. Qui ho svolto un tirocinio nel Digital marketing che, nel 2018, era ancora un ambito molto indefinito, almeno in Italia. È stato lì che ho capito cosa volevo fare: tornando dall’Olanda, in estate, ho iniziato a guardami attorno e molte delle università italiane ancora non avevano corsi sul marketing e la comunicazione. Quei pochi che c’erano erano improntati più sul marketing analitico, qualcosa legato sempre più alla parte economica e poco a quella comunicativa.
Ero molto indecisa, quindi, se scegliere un percorso universitario rimanendo all’estero oppure spendere fior di quattrini per altre università. Ho sempre avuto un’inclinazione più creativa che analitica ed è per questo che la magistrale a Verona in Marketing e comunicazione d’impresa ha rappresentato la scelta ideale. Una decisione che si è rivelata vantaggiosa sotto tutti i punti di vista: ho approfondito delle tematiche che avevo già affrontato durante il tirocinio ad Amsterdam e mi sono innamorata della città.
E proprio grazie a un corso sul digital e web marketing ho iniziato un tirocinio in Fedrigoni prima e per VeronaFiere poi. Il mio obiettivo era, fin da subito, crearmi un curriculum ricco per poter essere già un pochino più avanti rispetto ai miei compagni che non avevano svolto alcuna esperienza. Da quel momento non mi sono più fermata e ho portato avanti lavoro e studio contemporaneamente, mi sono laureata e ho poi avuto altre esperienze nel campo del digital fino a specializzarmi su progetti digitali e, nello specifico, in contenuti web e app, sui quali mi sono concentrata negli ultimi tre anni. Ora lavoro da Gucci, una realtà importante nel settore della moda e del lusso.
Come è avvenuto il tuo avvicinamento a Gucci e oggi, che ne fai parte, come si svolge la tua giornata tipo lavorativa?
Tutto il mio percorso è stato abbastanza lineare. Penso di essere arrivata in questa azienda perché avevo acquisito col tempo competenze abbastanza di nicchia, specializzandomi sempre più nella parte di web.
Questo non lo sa nessuno ma, prima di ricevere una risposta da Gucci, avevo mandato all’incirca una ventina di candidature a questa azienda e non avevo mai ricevuto nessuna risposta fino a che non ho visto una mail: subito credevo si trattasse di spam perché ormai avevo perso le speranze, ma mi sbagliavo.
Inizialmente ho lavorato per Gucci a Firenze poi, visto che dopo due anni si può chiedere la mobilità interna, mi sono trasferita a Milano, dove sono ora. Il mio lavoro attuale come Global Digital Project Specialist consiste nel seguire tutti i lanci commerciali che vengono pubblicati sia sull’applicazione che sul sito di Gucci.
La mia giornata tipo prevede un allineamento con il team marketing e comunicazione per fissare gli obiettivi relativi al lancio di un prodotto o di una pagina editoriale e poi si condividono le informazioni con i team che lavoreranno alla proposta per il go-live. Vengono coinvolti il team merchandising per la selezione prodotti, il team design per la parte visual e la UX, il team copy per i testi e, eventualmente, il team sviluppo nel caso in cui il lancio sia particolarmente importante e richieda uno sviluppo ulteriore. Si crea una sorta di retroplan per cui giornalmente mi accerto che tutte le attività pianificate fino al go-live vadano avanti senza intoppi. Inoltre, essendo il mio un team global, ci si assicura di allineare tutte le region sulle linee guida condivise dal team marketing e comunicazione ed eventualmente declinare materiali come immagini, video o copy seguendo le sensitivity di ogni area del mondo.
Ora sono qui e il mio obiettivo è quello di utilizzare le conoscenze acquisite sia in campo accademico che lavorativo per poter arrivare a una posizione più di coordinamento manageriale, dopo tre anni di operatività. Ci sto lavorando: ho anche da poco finito un master part-time online in Innovation management. Non ho mai smesso di formarmi seppure il tempo è poco lavorando così tanto.
Specializzazione, perseveranza, ambizione: queste parole sicuramente ti descrivono. Vorresti aggiungere qualcos’altro su di te?
Se guardo un po’ all’aspetto personale penso che abbia sempre colpito positivamente il fatto che sono una persona molto empatica e di avere quella sorta di “intelligenza emotiva” nell’affrontare il colloquio in modo molto poco costruito. Leggevo in questi giorni su LinkedIn di un recruiter che si lamentava di aver fatto un colloquio a una ragazza che rispondeva basandosi su informazioni ottenute dall’intelligenza artificiale. Penso, quindi, che una cosa importante da fare, considerando queste nuove tecnologie travolgenti, sia usarle per avere un supporto alla propria personalità preesistente.
Tornando a Gucci, una volta che sono stata chiamata dall’azienda, ho studiato tanto per fare il colloquio: l’azienda, i suoi progetti, cosa ha fatto, quale è la sua missione, la sua visione e mi trovavo allineata con tutto ciò. Nel momento in cui poi mi sono approcciata all’azienda, spiegare il perché ero in sintonia con loro è stato facile. Nel momento in cui vieni chiamato devi fare sempre la differenza.
Di base, penso che la cosa migliore sia sempre quella di rimanere fedeli a sé stessi, di essere più spontanei possibile, non costruiti nel momento in cui ci si interfaccia con qualcuno: ho sempre vissuto il fatto del colloquio e del lavoro come se fosse una relazione effettivamente umana nella quale non devo piacere per forza alla persona e all’azienda che ho di fronte. Io ci metto del mio meglio, arrivo preparata a un colloquio però se poi ci sono delle cose sulle quali non sono d’accordo o l’azienda non è allineata sul mio modo di pensare e sulla mia personalità va bene così, vuol dire che non era quella la strada giusta.
A me ha sempre aiutato essere spontanea, poco costruita, chiara in quelle che erano le mie aspettative ma senza abbassare la testa: se c’è qualcosa che non va bene non bisogna accettarla solo perché non ci sono altre opzioni. Se il tuo obiettivo è ben delineato, allora non accontentarti di andare a fare un’esperienza che non c’entra nulla, altrimenti nel momento in cui arriva l’opportunità giusta non sai come “venderti”.
C’è qualche aspetto che ti porti ancora oggi dietro dagli anni di università?
Venendo da una triennale solo teorica, la cosa che ho apprezzato molto durante la magistrale è stata la possibilità di mettere su carta ciò che si studiava sui libri. Sicuramente, la possibilità di lavorare in team con altre persone, fare dei progetti in cui ognuno aveva una responsabilità diversa, supportarsi con le altre persone, dividersi i ruoli senza mai sovrastare l’altro, ha aiutato nello sviluppo e nella crescita di questa soft skill che io identificherei nel co-working. Tutto ciò non è scontato, anzi, aiuta a confrontarsi in maniera positiva con gli altri e allo stesso tempo a essere in grado di dire la propria opinione creando sempre uno scambio positivo. In generale, vedo molto positivamente i project work perché oltre a farti conoscere persone nuove, aiutano a mettersi alla prova: presentare all’aula il proprio lavoro, per esempio, può darti una mano nel parlare in pubblico.
Come hai gestito la lontananza da casa e i tanti spostamenti fatti finora?
Ci vuole coraggio per buttarsi nel fare cose che magari non si pensava di voler fare. Ho sempre avuto la curiosità di conoscere il mondo andando oltre il mio naso. Spesso, prendere una decisione equivale a rinunciare a qualcosa: non hai i tuoi cari vicino ma, allo stesso tempo, sai che non puoi vivere senza lavorare quindi il compromesso, purtroppo, è questo. Arrivi a una certa età in cui è il lavoro che ti deve muovere, con la famiglia ci si organizza di conseguenza.
Sono partita da sola, quattro giorni dopo la mia laurea triennale, verso un posto dove non ero mai stata, con una lingua che non era la mia e con un inglese imparato a livello scolastico. Per giunta, era la mia prima esperienza di lavoro in assoluto, quindi è stato proprio un buttarsi nel vuoto. Tuttavia, ricordo molto positivamente questa esperienza. Se dovessi dire a un giovane oggi di farlo glielo direi ad alta voce. Anzi, spero che un giorno anche i miei figli avranno la mia stessa motivazione e ambizione perché confrontarsi con altre culture ti fa crescere tanto e ti fa andare oltre i pregiudizi.
La cosa che ricordo più positivamente è proprio il fatto di aver proiettato me stessa in quella realtà e vedere che non era la stessa me che vive a Milano o in Italia. Lì avevo acquisito delle abitudini alimentari, di abbigliamento e di vita quotidiana che sono rimaste ad Amsterdam: sono nate lì, sono vissute lì, hanno arricchito la me che ero però le ho vissute solo lì. Penso sia bellissimo vedere te stesso proiettato in contesti nuovi e seguire il tuo processo di adattamento alle situazioni. Certo, non è stato facile, ma questo vuol dire anche crescere e, se vuoi farlo con un certo impatto, è giusto anche prendersi dei rischi. Il fatto di essermi spostata mi ha dato tanto, tutte le esperienze che ho fatto in vari posti mi hanno regalato qualcosa. Ho tanti ricordi, tante cose da raccontare e come persona mi sento più ricca rispetto a quando sono partita.
Infine, quale messaggio vorresti lanciare a chi sta studiando e dovrà entrare nel mondo del lavoro?
Non bisogna rassegnarsi ai primi no che si ricevono, anche alle porte in faccia bisogna sempre rispondere continuando a perseguire la propria motivazione e l’ambizione. Farsi vedere determinati e affamati è qualcosa di positivo a prescindere da quelle che sono le dinamiche attuali del lavoro.
Considerando anche il momento storico, una cosa che mi sento di dire alle nuove generazioni che si stanno approcciando a questo mondo è che è un mondo bello, dinamico, se lo sai cavalcare ti apre tantissime porte perché non è verticale ma molto orizzontale, in base a quelle che sono le tue predisposizioni puoi scegliere il percorso migliore per te. Se preferisci un percorso più analitico o creativo o strategico, hai tantissime opportunità ma bisogna essere consapevoli che oggi il mercato sta evolvendo e quindi c’è anche molta saturazione per cui un consiglio che potrei dare, e che a me è servito, è il fatto di fare esperienza il più possibile. All’inizio bisogna fare piccoli sacrifici perché, se si sta studiando, il tempo è poco, ma bastano cose piccole e interessanti per te, anche il volontariato e qualsiasi cosa che sia legata o meno al percorso di studi che stai portando avanti, perché questi sono aspetti importanti che in genere vengono valorizzati anche in sede di selezione.
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