Stando fermi non si può crescere, mai

Cercavo qualcosa da fare per volontariato e ho sempre voluto fare un’esperienza all’estero, quindi Aiesec mi sembrava la scelta giusta che unisse questi due aspetti. Sono entrato nel comitato e fino ad ora è stata un’esperienza davvero formativa: mi sono trovato a fare cose che non avevo mai fatto, con l’opportunità di lavorare in gruppo.

Partirò per Florianópolis, in Brasile, per sei settimane: seguirò un progetto di quality education, insegnerò inglese e farò conoscere la mia cultura ai bambini e ragazzi del luogo. Ho bisogno di fare un’esperienza che mi metta in contatto con me stesso, di respirare un’aria nuova perché la mia casa e la mia città cominciano a starmi strette. Penso che trascorrere un mese e mezzo completamente fuori dalla mia vita, fare cose nuove, immersi in una cultura diversa, parlando un0altra lingua, mi permetterà di capire meglio chi sono e cosa voglio.

Stare sempre nello stesso posto, con le stesse persone, a fare sempre le stesse cose, credo sia limitante e renda difficile esprimere il proprio potenziale o scoprire sé stessi. Stando fermi non si può crescere, mai. Parto, nella speranza di trovare qualcosa, non so esattamente cosa, ma qualcosa che abbia un forte impatto su di me.


Mi trovo a Florianópolis, in Brasile da ormai un mese. Sono partito con Aiesec, l’associazione studentesca di volontariato internazionale, e sto svolgendo un progetto di quality education, insegno inglese e faccio conoscere la mia cultura ai bambini e ragazzi del posto.

Questa esperienza si sta rivelando davvero fantastica, mi sono fatto molti amici provenienti da diverse parti del mondo (Germania, Spagna, Tunisia, Colombia, Perù, Uruguay), ho sempre qualcosa di interessante da fare che io sia a lavoro o in giro con gli amici.

Sto collaborando con gli operatori che lavorano nella NGO, propongo attività ricreative e cerco di trasmettere un po’ della mia cultura (ad esempio l’altro giorno abbiamo fatto la pizza!).

La famiglia che mi ospita è super carina, il padre è di origine italiana quindi parla un po’ di italiano e mi sta insegnando vari aspetti culturali del Brasile mentre la madre parla solo portoghese e questo mi sta permettendo di imparare almeno qualche parola di una nuova lingua.

La cultura brasiliana è particolare, molto calorosa e vivace. Amano ballare e spesso capita di sentire la samba per strada. È facile conoscere persone perché molti sono inclini a parlare con tutti senza pregiudizi. Ci sono anche persone chiuse e a volte violente, da una parte trovi completa emancipazione delle donne e accoglienza della comunità LGBT, dall’altra però risulta essere il paese con un numero incredibile di femminicidi.

Sono partito con diversi obiettivi: migliorare il mio inglese, conoscere a fondo una nuova cultura, riuscire ad avere una mentalità aperta a tutto, e più in generale cercare di conoscere di più me stesso. E devo dire che li sto raggiungendo tutti!

Sicuramente fare un’esperienza del genere ti fa crescere perché ti ritrovi a dover fare tutto da solo, non ci sono più gli appoggi che hai nella tua città come possono essere i genitori o gli amici, ti ritrovi a doverti arrangiare al 100%. Quindi sicuramente è un’esperienza che mi ha fatto crescere.

Consiglierei questa esperienza a chiunque perché appunto ti permette di essere indipendente, ti fa scoprire molte cose su te stesso e ti diverti anche un sacco!


Giovanni, volontario AIESEC e studente all’Università di Verona

Aiutare gli altri, leggere e viaggiare: ecco cosa mi rende felice

“Alla fine dell’ultimo anno di scuola superiore ero ancora indecisa sulla strada da intraprendere all’università, sebbene fossi indirizzata verso Scienze dell’Educazione non ero ancora convinta. Tuttavia, ero consapevole di voler iniziare un percorso focalizzato sulle relazioni sociali: ascoltare, dialogare ed essere a contatto con la gente erano le mie prerogative per il lavoro che avrei voluto fare in futuro. Svolgendo alcune ricerche sul web, mi sono imbattuta nel corso di laurea in Scienze del Servizio Sociale e ho capito che era il percorso adatto a me. Vivevo in Trentino, in una splendida valle, ma volevo che l’università fosse anche un’occasione per conoscere una nuova realtà, un modo per stringere nuove amicizie. Ricordo che quando ero piccola mi recai a Verona per una gita fuori porta con i miei genitori: l’atmosfera di questa città mi colpì particolarmente; pensai che da grande avrei voluto frequentare proprio qui l’università. La mia vita oggi a Verona è tranquilla e piacevole, trovo che sia un ambiente ricco di opportunità. Ho due passioni: leggere e viaggiare con gli amici. Devo ammettere che è stato proprio un viaggio speciale a far nascere in me la consapevolezza di voler lavorare in un contesto che mi desse l’opportunità di interagire il più possibile con le persone. Mi riferisco a un viaggio a San Francisco, tre anni fa, per svolgere attività di volontariato. Un’esperienza che non dimenticherò mai”.

 

Alessandra, srudentessa di Scienze del Servizio Sociale

In Colombia ho trovato la serendipità

“Scrivo ascoltando del “latino americano”. Qui in Italia siamo abituati a dargli un nome generico, ma in Colombia te lo puoi scordare. La champeta è la champeta, e il ballenato è il ballenato. La champeta é un po’come fare l’amore, con i vestiti, ballando. Pensavo di partire per conoscere di più me stessa, in realtà ho conosciuto il mondo e il mondo mi ha riempita. Non so se avete mai sentito parlare di serendipità. È un concetto semplice e complicato allo stesso tempo. Comunque in sintesi, consiste nel trovare qualcosa mentre stai cercando altro. E per me ha funzionato alla grande. Spesso siamo solo convinti di aver bisogno di qualcosa, in realtà gli avvenimenti ci raddrizzano con gioie o sfide che necessitiamo. Mi sono portata via mille convinzioni e duemila domande. Sono tornata con tremila domande e una convinzione: credi in te stessa ma ricordati che non si smette mai di imparare.

 

 

La mia attività di volontariato era legata ad un dopo scuola fortemente ortodosso e in un primo momento ho creduto di dover affrontare qualcosa che mai sarei riuscita a sopportare. Come sviluppo un programma sulla conoscenza di sé e consapevolezza della propria sessualità se non posso dire che essere gay, etero, lesbica, bisessuale o asessuato sono tutte condizioni normali? Come gli racconto di affidarsi solo a Dio a ragazzi che a casa subiscono molestie? Dopo una settimana di interminabili pianti e voglia di tornare a casa – con addosso anche una relazione in Italia che si trascinava sempre di più nella dipendenza affettiva e nell’abuso psicologico – ho finalmente realizzato che avrei potuto farcela ribaltando la situazione.

 

 

Posso esprimere il mio sostegno senza mancare di rispetto alle credenze altrui, posso parlare di me e non giudicare. Posso usare tante parole ma ancora di più posso ascoltare, e lasciare piccoli semini che magari a tempo debito cresceranno. Posso anche passare tre giorni nella savana dormendo su un’amaca con attorno altre quindici persone e solo due prese di corrente, facendo colazione all’alba con il mango appena caduto dall’albero. Posso uscire dai miei schemi e arricchirmi giorno dopo giorno. Posso portare il mondo dentro di me invece di portare me nel mondo”.

Sofia, studentessa di Scienze della Formazione nelle Organizzazioni e volontaria AIESEC

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