Dove si colloca una filosofa? Cosa può dare o fare per una città? La mia maratona del Pensiero

“Nel corso degli studi può accadere di perdersi e faticare a trovare la strada che conduce al processo di emancipazione professionale. Pericolo ancor più incombente se si viene, come me, da un percorso di studi filosofico, perché ci si può smarrire nei vorticosi pensieri, aprirsi alle molte possibilità, senza però aver il coraggio di attualizzarne alcuna. Per questa ragione mi è stata di fondamentale importanza l’occasione del tirocinio universitario che l’Università degli Studi di Verona ci accorda, permettendomi di approfondire, verificare ed ampliare l’apprendimento ricevuto nel percorso degli studi e soprattutto darne poi un’immediata applicazione pratica orientata al mondo del lavoro.

Due le domande a cui cercavo risposta: Dove si colloca una filosofa? Cosa può dare o fare per una città? Il Festival Filosofi Lungo l’Oglio mi ha aiutato a rispondere a queste interrogazioni, a quale possa essere un’ubicazione di privilegio per la filosofia sul territorio da un punto di vista pratico. È stato proprio un certo desiderio di agire, di mettermi in gioco ad avermi spinta ad inviare la mia candidatura a questo ente, poiché credo in una filosofia pratica, che guarda alla persona e dunque alla polis.

Sono onorata di aver avuto la possibilità di collaborare a questa importante iniziativa filosofica-culturale-sociale, sia perché si tratta di conferenze di filosofia sostenute tra i più illustri pensatori del nostro tempo, sia perché tale Festival si muove nei territori a me più cari tra il Bresciano, Bergamasco e Cremonese, ossia in quei piccoli paesini della Pianura Padana in cui io stessa sono nata e cresciuta. Luoghi spesso emarginati al loro stato d’abbandono, ma che in questo Festival si sono resi protagonisti in un riscatto culturale e di comunità. Il Festival è, infatti, definito “nomade” poiché si innerva non solo in grandi città già perfettamente attrezzate ad accogliere eventi di questo tipo, ma predilige luoghi intimi, più piccoli spesso esclusi da ogni iniziativa: una scelta coraggiosa per un Festival di rilevanza nazionale.

Aver contribuito a portare la cultura nelle periferie è stato un compito complesso, ma del tutto soddisfacente. Ho compreso l’importanza del filosofo come agente di mediazione culturale: colui che occupa uno spazio interstiziale tra la società civile e le istituzioni, creando occasioni di scambi, contaminazioni e sinergie. Come mediatrice culturale il mio ruolo – insieme a quello del mio straordinario team – è stato promuovere il dialogo ed il confronto: gli unici strumenti e codici con cui è possibile aprirsi all’altro per creare nuovi simboli culturali condivisi. Lavorare filosoficamente in questi territori ha significato porre l’attenzione alle esigenze dei cittadini, soprattutto legate alla scomparsa di spazi comuni di interazione e di socialità.

Il Festival ha rimesso al centro la filosofia vitale e la periferia da un punto di vista storico, culturale e sociale, riportando le piazze – ormai svuotate sia da processi di decentramento urbanistico sia dalla pandemia – al loro antico vigore. È stato sorprendente ed emozionante osservare come la filosofia abbia una tale carica attrattiva, anche in quei paesini che ho sempre considerato pragmatici, duri, laboriosi e che avvertivo come realtà soffocanti. Ora, dopo il Festival li osservo sotto uno sguardo differente: quello della possibilità. Vedere le piazze gremite di gente per ascoltare di filosofia mi ha dimostrato quanto ci sia un reale bisogno di contenuti, di testimonianza, d’incontro. Qui si gioca la partita della filosofia: rispondere alle esigenze sociali straordinariamente concrete e problematiche.

Oltre la nobile missione del Festival, ciò che mi ha spinto fortemente alla candidatura a questo tirocinio è stata la figura della professoressa Francesca Nodari: direttrice scientifica del Festival Filosofi Lungo l’Oglio e presidentessa della Fondazione che sostiene il Festival. Una testimonianza che smentisce gli stereotipi correnti che vorrebbero le donne appiattite sulla loro immagine, piuttosto che sulla loro mente. La Sua storia come donna, filosofa e natia dei miei stessi paesini agricoli e provinciali, mi è stata da stimolo a rifuggire ad un certo vittimismo e paura che mi paralizzavano, incoraggiandomi a lavorare tenacemente per divenire protagonista della mia storia.

È stato un percorso e un lavoro di grande soddisfazione poter investire le mie competenze raggiunte in tanti anni di studio in un’istituzione così prestigiosa, operando proprio nei luoghi del padano, a cui nel bene e nel male sono debitrice. Inoltre, questa esperienza mi ha dato la misura e l’occasione di poter vedere effettivamente come il pensiero e la filosofia possano essere tradotti in prassi, per trovare una strada e dar forma al mondo in cui viviamo.

Il tirocinio universitario è stato una “maratona del pensiero”: un viaggio di conoscenza di me stessa e di riconoscenza verso i luoghi in cui sono nata, al mio esser donna ed alla filosofia”.

Paola, studentessa in Scienze Filosofiche

Instagram: @paolalovegood

Premio Andrea Vaona: un riconoscimento inatteso

“Quando, in una torrida mattinata siciliana di metà luglio, una e-mail proveniente dall’Università di Verona mi informava del conferimento del Premio Tesi di Dottorato in memoria di Andrea Vaona, ammetto di non aver pienamente afferrato, sul momento, cosa fosse successo. Avendo trasmesso la domanda di partecipazione svariati mesi addietro, su input di uno dei miei supervisor e in pieno spirito decoubertiano, ed essendo pienamente preso dai miei tanti impegni quotidiani, neppure ricordavo di essere “in lizza” per l’attribuzione di un premio. Va da sé che, una volta riannodate debitamente le fila della storia, sorpresa e soddisfazione sono emerse quali sensazioni prevalenti. Il pensiero che il mio lavoro, valutato da un collegio di docenti e ricercatori di rilievo, fosse stato ritenuto degno di un riconoscimento così ragguardevole, mi ha reso, una volta tanto, soddisfatto di me stesso – sentimento a cui non sono particolarmente avvezzo.

Il resto è cronaca più recente. Durante la mia due-giorni in terra Scaligera ho avuto modo, da un lato, di contemplarne alcune bellezze mozzafiato, in un pomeriggio di fine settembre semplicemente magnifico; dall’altro, il mattino seguente, di restare ammirato dalla sontuosità dell’edificio ospitante il Dipartimento di Scienze Economiche – all’interno del quale sono stato calorosamente accolto sia dal personale tecnico-amministrativo che dal suo Direttore e Vicedirettore.

Confesso che, nelle prime fasi della cerimonia di premiazione, malgrado fossi seduto in prima fila, ogni qualvolta veniva pronunciato il mio nome, la mia impressione era che si stesse parlando di qualcun altro – tanto era ancora radicato in me lo stupore per quanto accaduto. Senonché, nel momento in cui sono stato chiamato in causa per presentare agli astanti i risultati della mia ricerca, forse sospinto da quella stessa passione che aveva sempre animato Andrea Vaona, e vividamente rievocata dai familiari presenti, ho finalmente realizzato e tutto è proseguito per il meglio.

Di questa speciale vicenda, oltre agli innumerevoli attestati di stima ricevuti, porterò sempre con me le parole toccanti e lo sguardo della moglie di Andrea Vaona. Nei suoi occhi ho potuto cogliere un messaggio che – spero – fungerà da bussola per il mio futuro, non solo in ambito accademico: la memoria non si guadagna per ciò che si è materialmente realizzato; al contrario, come testimoniato dai tanti parenti e amici intervenuti all’evento, il merito del ricordo va ricercato nello spirito che guida il nostro agire e nella capacità di illuminare, lasciando anche solo un riflesso, col nostro entusiasmo, chi ci sta accanto”.

Antonio Francesco, assegnista di ricerca dell’Università di Palermo

Instagram: @afgravina

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