Un giro del mondo…. a piedi|

“Mi chiamo Nico, vicentino annata ‘93, ed otto mesi fa sono partito per realizzare il mio sogno: fare il giro del mondo a piedi attraverso quattro continenti, in un viaggio di quattro anni lungo 35 mila chilometri.

Dopo essere partito da Vicenza il 9 Agosto del 2020, ho camminato attraversato Pianura Padana, Appennino Tosco-Emiliano e costa ligure fino a giungere al confine francese. Da Ventimiglia sono passato in costa azzurra, proseguendo il viaggio lungo la riserva della Camargue ed il Canal du Midi, un canale fluviale navigabile che collega mar Mediterraneo ed oceano Atlantico. A seguire, Lourdes ed i Pirenei, una delle tappe più dure, a 1600 metri in mezzo ad una bufera di neve. Nonostante il freddo ed il vento, sono arrivato in Spagna, percorrendo il Cammino di Santiago fino a Leon, città che mi ha ospitato durante l’Erasmus del terzo anno di studi presso UniVR. L’ultimo tratto europeo è stata la Via de la Plata, altro cammino della rete di Santiago, che da Leon mi ha portato a Palos de la Frontera, città dalla quale mi sono imbarcato per le Canarie alla ricerca di un passaggio in barca per le Americhe.

Dopo un mese di ricerche, sono riuscito a trovare un passaggio a bordo di un catamarano di 12 metri, il Tata, assieme al capitano australiano e a un ragazzo polacco. La traversata atlantica si è rivelata molto più lunga del previsto a causa di una fascia di bonaccia insolita per la stagione degli Alisei. Solitamente, infatti, la navigazione si conclude in tre settimane; l’equipaggio del Tata, invece, è approdato a St. Lucía (Caraibi) dopo 33 giorni in mezzo all’Oceano, più di un mese senza alcun contatto con il resto del mondo. Siamo rimasti nei pressi dell’isola per due settimane, prima di salpare nuovamente verso nord e spostarci ad Antigua. Qui, tuttavia, l’equipaggio si è sciolto e ho deciso di proseguire da solo alla volta di Panama, dove ho coronato un altro piccolo ma significativo pezzo del mio cammino: collegare gli Oceani Atlantico e Pacifico camminando per tutto l’istmo di Panama. In questo modo, è come se il cammino interrotto in Spagna fosse ripartito, senza interruzioni, dall’altro lato del mondo.

La prossima tappa riparte da Quito, capitale dell’Ecuador, e mi impegnerà per tutto il 2021: per arrivare a Santiago del Cile ci vorranno infatti circa dieci mesi perché la distanza da percorrere è di più di 6500km.

Dal Cile mi imbarcherò nuovamente, stavolta per l’Australia, che attraverserò da sud a nord tagliando a metà gli spazi sconfinati di terra rossa – l’Outback – che riempiono l’enorme stato australe. Sarà poi la volta dell’Asia, dalla Malaysia alla Thailandia giungendo a Bangkok e da lì in Birmania ed India. Mi dirigerò in Bangladesh per poi tornare nel subcontinente indiano, a New Delhi, e successivamente in Pakistan proseguendo lungo la Karakorum Highway, strada che attraversa l’omonima catena montuosa e passa in Cina a 4.700 metri, il punto più alto dell’intera spedizione.  Dopo un mese di cammino in Cina sarà la volta del Kirghizistan, dove seguirò la Via della Seta attraverso Samarcanda, Bukhara fino al Turkmenistan, ed Iran. Dall’antica Persia raggiungerò le coste del Mar Caspio attraversando l’Azerbaijan, la Georgia e la Turchia fino a Costantinopoli, dove ritornerò in Europa passando dalla Grecia e poi ancora a piedi, attraverso i Balcani per tornare a Malo, casa.

CAMMINARE AI TEMPI DEL COVID

Ho attraversato tre stati europei che attualmente versano in difficile situazione. Scegliendo di partire ad agosto, tuttavia, le prime settimane sono state più semplici da affrontare. In particolar modo, Italia e Francia non avevano ancora imposto lockdown, quindi non è stato difficile attraversarle. L’uso della mascherina si imponeva all’arrivo nei centri abitati più grossi, ma adottando queste misure di sicurezza il viaggio è proseguito tranquillamente. Non sono mancati gli incontri, né l’ospitalità da parte di persone conosciute lungo il cammino. La situazione è peggiorata con l’arrivo in Spagna, ad ottobre, ed i primi lockdown locali. Lungo il Cammino di Santiago diverse strutture di ricezione erano chiuse e gli spazi comuni come le cucine non potevano essere utilizzati. Anche così, tuttavia, sono riuscito a proseguire, alternando le notti negli ostelli rimasti aperti a quelle in tenda e condividendo con i pellegrini lungo il percorso il tratto di cammino comune. Ad inizio novembre, con il peggiorare della situazione, le tappe sono diventate più lunghe, con l’obiettivo di avvicinarsi al porto di Palos per lasciare il continente prima di un’eventuale lockdown totale in Spagna. A Las Palmas la situazione era migliore e quando nel continente sono ritornati i lockdown totali, in occasione delle festività natalizie, mi trovavo ormai a bordo del Tata, in mezzo all’Oceano, a sperimentare un isolamento del tutto diverso. Le regole incontrate ai Caraibi cambiavano di stato in stato: c’è chi chiedeva il test all’ingresso, chi predisponeva una quarantena. Per ora, comunque, il viaggio è potuto proseguire senza grossi intoppi e guardo speranzoso al 2021 come l’anno in cui la situazione potrebbe cominciare a tornare alla normalità.

IL VIAGGIO

Il viaggio durerà quattro anni, in un percorso di 35.000 km che chiamo “Il viaggio da casa a casa”, ispirandomi liberamente al periodo del Grand Tour quando giovani ragazzi viaggiavano lungo l’Europa per accrescere le loro conoscenze e tornare in patria per condividerle. Il progetto si chiama PIEROAD, ovvero “Pie” dal piede del dialetto veneto e “Road” la strada internazionale che percorro.

Se volete camminare con me attorno al mondo, seguite @pieroad____ su Instagram!”

Nicolò, laureato in Economia aziendale
Instagram: @pieroad____

Fare meglio, o almeno fare la nostra parte

“L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ha coinvolto tutti da vicino, aprendo molte riflessioni sulla realtà che sperimentiamo ogni giorno.

La necessità di rifiutare un cieco individualismo ci è apparsa più che mai urgente e la grande lezione che secondo noi il Covid-19 ha portato con sé è che nessuno si salva da solo, ma è piuttosto l’attenzione per il prossimo, il tutelarne le sue debolezze, il più grande gesto d’amore per gli altri e per se stessi.

Partendo da queste riflessioni abbiamo voluto partecipare alla sfida lanciata dall’Università LUMSA per la sensibilizzazione dei giovani all’adozione di comportamenti corretti per la prevenzione del Covid-19.

Troppo spesso abbiamo sentito parlare di giovani e di studentesse e studenti con toni poco incoraggianti, soprattutto nell’ultimo anno, ma noi ci siamo!

Non abbiamo certo l’arroganza di pensare di essere davvero migliori rispetto alle altre generazioni, ma sicuramente siamo pronti a fare la nostra parte, per questo abbiamo voluto metterci in gioco con questo concorso.

Abbiamo partecipato nella categoria campagna social media con un messaggio semplice: “l’amore è una questione di sguardi”.

L’idea è quella di comunicare l’importanza dell’uso della mascherina, senza la sua diretta rappresentazione grafica, ma focalizzandoci sul fatto che basti uno sguardo per trasmettere un’emozione: “Guarda agli altri, vedi il prossimo, attribuiscigli la giusta importanza e con amore proteggilo, perché non è altro che lo specchio di te stesso.”

Ai fini di coinvolgere il target Millenials e Gen Z e rendere la campagna “instagramabile” abbiamo utilizzato alcuni dei più famosi volti del mondo dell’arte a cui abbiamo aggiunto il nostro messaggio.

Orgogliose di aver rappresentato il nostro Ateneo e che il nostro sia stato uno dei progetti vincitori, ci teniamo a congratularci con tutti i colleghi delle altre università che hanno ottenuto con noi questo riconoscimento e ci auguriamo di riuscire sempre a fare la nostra parte!”

Michela, Anna e Michela, studentesse di Marketing e comunicazione d’impresa
Instagram: @michela_agus @annawhale @michizantedeschi

Studiare e lavorare si può, non bisogna lasciarsi scoraggiare

“L’idea che talvolta si ha dello studente universitario è quella di perditempo che studiano per non lavorare o, soprattutto negli ultimi anni, che studiano perché sanno di non trovare lavoro o almeno il lavoro a cui aspirano.

Posso affermare con sicurezza che questa categoria esiste: durante la mia prima esperienza universitaria, all’inizio degli anni ’90, ne ho fatto (ahimè) parte.

Vi sono invece persone che studiano con scrupolo e passione, partecipano attivamente a gruppi di studio e ad attività extra curriculari universitarie.

Vi è poi una terza categoria, quella di cui faccio parte proprio adesso: lo studente-lavoratore.

Mi sono iscritto al Corso di Laurea in Banca e Finanza lo scorso anno: lavoro da molto tempo per conto di intermediari finanziari sia italiani che esteri e ho sentito il bisogno di un profondo aggiornamento professionale che solo l’Università sa dare.

La vita dello studente lavoratore non è facile, coniugare gli impegni lavorativi e quelli universitari talvolta è impossibile: i due mondi fanno fatica a comunicare.

Per fortuna la tecnologia ci assiste e i professori se ne avvalgono, sfruttando tutte le potenzialità dell’e-learning. Inoltre, all’Università di Verona ho sempre trovato professori disponibili e attenti alle esigenze degli studenti lavoratori.

Ma non è una vita facile.

L’obiettivo è quello di frequentare il più possibile le lezioni, sacrificando il tempo libero, la famiglia (ho moglie e due figli), e concentrando l’attività lavorativa su alcune parti della giornata.

Gli esami si preparano studiando prevalentemente alla sera, nei fine settimana, ritagliandosi spazi con un po’ di inventiva: prima di iscrivermi ero solito muovermi tra le varie sedi lavorative che mi vedono coinvolto in auto, negli ultimi due anni ho riscoperto il treno, mezzo ideale per studiare!

È fondamentale organizzare e pianificare le settimane, nulla va lasciato al caso e ogni momento è prezioso, insomma, essere metodici è importante e l’esperienza acquisita con il lavoro si è rivelata essenziale.

Studiare e lavorare si può, non bisogna lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà e da chi ci sta intorno, anche perché l’esperienza acquisita con l’attività lavorativa offre un vantaggio competitivo rispetto agli altri studenti, bisogno solo esserne consci e saperlo sfruttare.”

Davide, studente di Banca e Finanza
Instagram: @dave_pietro

Sono passato dalle aule universitarie agli uffici di MSC USA in tempo zero

“Sono Alessandro, classe ‘95, nato e cresciuto nel territorio mantovano. Mentre scrivo queste righe sto realizzando che sono ormai passati 8 mesi dalla mia partenza per questa avventura post-laurea negli Stati Uniti d’America.

Ma cerchiamo di fare un passo indietro, partendo dall’inizio.

Siamo circa agli inizi di luglio 2019, sono iscritto al corso di Marketing e Comunicazione d’Impresa. Un solo esame mancante e in più la tesi per completare il percorso di studi in Univr. Si dà il caso che l’esame mancante fosse quello del prof. Russo che, prima della consegna dei compiti, parla di una mail che avrebbe inviato nei giorni successivi relativa al Premio di Laurea “Training on the Job at MSC USA”. Una volta superato l’esame, in uno dei giorni seguenti in ufficio (lavoravo già full time da circa un anno come Production Planner in un’azienda del mantovano) quasi per caso ho deciso di controllare se la mail fosse arrivata e senza pensarci troppo, ho fatto l’application per il bando.

Sono sincero, l’esperienza mi attirò da subito ma nella mia testa frullava il classico “Con tutte le persone che si presenteranno, perché dovrebbero scegliere proprio me?” cosi qualche settimana dopo, senza troppe speranze, mi presentai al colloquio per la selezione. Poco dopo la conclusione, i 4 presenti comunicarono la decisione per cui proprio io risultai vincitore.

Nei giorni successivi iniziai a comunicare la news, ai genitori in primis ancora ignari di tutto, e poi ad amici e colleghi. I mesi successivi sono stati un susseguirsi di burocrazia tra visto, passaporto e documentazioni varie fino al giorno del via libera: partenza fissata al 18 ottobre.

Volo diretto di circa 9 ore Malpensa-New York, scalo di 30 minuti (ancora mi chiedo come abbia fatto a salire sull’aereo successivo) e poi di nuovo a bordo per 40 minuti: destinazione Baltimora. Una volta arrivato sono stato accolto da una collega, che sarebbe poi stata la mia coinquilina per i primi sei mesi e che non mi stancherò mai di ringraziare per l’aiuto e la disponibilità, qualità dimostrate anche da tutti gli italiani incontrati nel mio percorso. Da lì a poco, dopo un breve tour della città, è iniziata la mia nuova avventura lavorativa e ho incontrato Mauro (ex studente dell’Università di Verona, negli USA da circa 20 anni e attualmente Branch Manager dell’ufficio MSC di Baltimora), presente nella fase di selezione. Dopo una breve training, sono stato assegnato al team che si occupa di logistica intermodale. Ad oggi mi occupo della gestione del cargo in arrivo tramite navi negli USA (quindi lato import) con l’obiettivo efficienti distribuzioni presso le destinazioni finali nel Paese attraverso camion, ferrovie e navi di dimensioni minori.

Nel primo periodo sono stato a Washington, Philadelphia e New York mentre le successive vacanze, settimana in Italia compresa, mi sono state cancellate causa Covid-19. Al momento l’ufficio vive, come la maggior parte delle attività, una fase di smart working da circa inizio aprile ma è pianificata una ripresa graduale da inizio luglio mirata al ritorno alla normalità il prima possibile.

Dovessi tirare le somme a questo punto dell’esperienza (il mio visto attuale ha scadenza maggio 2021), non posso che ritenermi assolutamente soddisfatto sia a livello personale che a livello lavorativo: il mio inglese è notevolmente migliorato, ho sviluppato nuove skills professionali ma soprattutto umane e mi sono adattato ed integrato in un mondo abbastanza diverso dal mio. Dovessi pensare ora al futuro? Sono sincero, già da un po’ lo sto facendo ma in tutta onestà ritengo sia ancora troppo presto per poter prendere una decisione definitiva.

Concludo con un consiglio, se amate mettervi in gioco e realizzare i vostri sogni allora la cosa da fare è solo una: uscite al più presto dalla cosiddetta comfort zone.

Alessandro, laureato in Marketing e Comunicazione d’Impresa
Instagram: @alartoni




Il ruolo delle donne in questa urgente rivoluzione è fondamentale

“Sono una donna: cosa mi riserva il mondo lavorativo italiano? Come posso aumentare le mie possibilità di successo?

Sono queste le domande sulle quali volevo sviluppare la mia tesi magistrale, ma non sapevo dove cercare risposte. Grazie alla mia relatrice, la professoressa Paola Signori, ho intervistato donne leader in aziende italiane: Cristina Marchi, Loredana Palumbo, Monica Dongili, Daniela Ballarini, Paola Aureli, Barbara Dalle Rive, Susanna Martucci e Giordana Risi.

Ho fortificato così la mia intraprendenza, oltre ad aver ottenuto le
risposte che cercavo e aver dato corpo alla mia tesi “Leadership femminile: intelligenza emotiva e mindfulness per una nuova comunicazione aziendale”. Le risposte ottenute mi hanno sorpreso, in parte deluso, ma penso sia utile condividerle soprattutto con le giovani donne come me che stanno muovendo i primi passi come lavoratrici.

Cosa riserva l’ambiente lavorativo italiano alle donne? La risposta purtroppo è chiara: ancora molte difficoltà.

Nella cultura sociale italiana persiste lo stereotipo uomo-lavoratore, donna- madre casalinga. Questo si riflette nell’ambiente lavorativo, dove le donne sono numericamente inferiori, soprattutto in ruoli di leadership, perché principalmente spetta a loro la cura dei figli e la cultura aziendale predilige mediamente ancora il genere maschile, discriminando le lavoratrici verbalmente, nella retribuzione e nei contratti.

Le donne dovrebbero essere quindi promotrici di una rivoluzione sia tra le mura domestiche, puntando ad una maggiore ridistribuzione dei compiti e responsabilità, sia in ambito aziendale.

Come possono le donne attuare tale rivoluzione e affermarsi nel lavoro? Validi approcci sono l’intelligenza emotiva e la mindfulness, che permettono di individuare le giuste chiavi di relazione e comunicazione con se
stesse e gli altri, penetrando maggiormente nel tessuto aziendale.

Consigli emersi per le lavoratrici, leader e non: collaborare di più tra di loro, distaccarsi emotivamente dai dipendenti e sanzionarli, avere maggior sicurezza in se stesse e affermare lo stile di leadership femminile, tendenzialmente più democratico di quello maschile. Da conservare sono invece la capacità critica, la creatività, l’empatia, la capacità di risoluzione dei conflitti e di aiutare i dipendenti a crescere. Infine, saper adottare tali approcci configura le donne come importanti risorse per l’azienda, perché migliorano il clima organizzativo, con un impatto positivo sulle performance e redditività aziendale.

Grazie alle interviste, sono innovative le soluzioni emerse che le aziende dovrebbero attuare, ma il ruolo delle donne in questa urgente rivoluzione è fondamentale.

Quanto bisognerà attendere affinché le donne si facciano promotrici di questo cambiamento e vi siano risultati consistenti?”


Lucia, neolaureata in Marketing e comunicazione d’impresa
Instagram: @luli.beth

Potresti scoprire che la cosa che odi tanto è la stessa che ti manca da morire quando non c’è

“Ciao Univr. Lo so, lo so, è tanto che non ci vediamo, di sicuro queste parole non bastano per compensare la distanza che stiamo avendo da ormai più di un mese.

Stavo sistemando un cassetto in camera mia e ho trovato un block notes, quello che viene dato durante le prime settimane di lezione.

Ti scrivo queste parole perché, fondamentalmente, mi manchi.

Lo so, lo so, te ne ho dette tante, te ne ho dette di tutti i colori, Ma, in fondo, lo sappiamo tutti: è quello che amiamo che ci fa incazzare più di tutto.

E allora a pensare, scrivere e leggere queste parole mi vengono in mente quelle del Dr. Kelso nella puntata 3×14 di Scrubs: “Potresti scoprire che la cosa che odi tanto è la stessa che ti manca da morire quando non c’è”.

Mi mancano le lezioni, le risate con i compagni di corso e, perché no, anche le interazioni con i professori.

Le lezioni online in fondo non sono così male, anzi sono così dannatamente comode che mi sento in colpa a stare bene in un momento così particolare per tutti noi.

Ciao Univr, ci vediamo presto.”

Gabriele, studente di Marketing e comunicazione d’impresa
Instagram: @gabriele_faedo

Abbiamo accettato la sfida e applicato le nostre conoscenze di marketing a un problema reale

“Durante il corso di Marketing strategico ci è stata data l’opportunità di partecipare ad una problem solving competition in collaborazione con Gardaland Hotels. I manager hanno proposto un’interessante sfida per noi studentesse e studenti, ossia presentare una soluzione efficace per aumentare la brand awareness dell’azienda.

A tal fine io, Beatrice, Marta e Alberto abbiamo iniziato ad elaborare un piano di marketing che fosse in grado di rispondere al problema, sviluppandosi tra fase analitica, strategica, operativa e di controllo.

Alla luce dei dati emersi dalla fase di analisi e dopo aver selezionato le “Millennials Families” come target di mercato da raggiungere, abbiamo deciso di proporre una soluzione che potesse migliorare l’esperienza di servizio attualmente offerta da Gardaland Hotels, nonché utilizzare diversi strumenti di comunicazione, sia innovativi che tradizionali, al fine di aumentare la notorietà del brand.

Grazie a questa esperienza siamo potuti entrare in contatto diretto con una realtà aziendale strutturata e abbiamo potuto applicare le conoscenze di marketing strategico ad un problema reale al quale l’azienda era esposta, elaborando concretamente un piano di marketing.

Inoltre, dovendo esporre il progetto davanti a manager, docenti e numerosi compagni di corso, abbiamo sicuramente affinato le nostre capacità di public speaking!”

Enrico, studente di Management e strategia d’impresa

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