“8 luglio 2019. È nato tutto per caso, quasi per gioco, e magari con quel pizzico di incoscienza che solo la giovinezza dei 24 anni può regalarti. Sono al Consiglio europeo di Bruxelles per iniziare il mio tirocinio come giornalista europeo presso le istituzioni e il mio tutor aziendale mi introduce nel magico mondo della comunicazione televisiva, mettendomi in mano una videocamera per filmare il doorstep di un ministro italiano.
«Sei un pesce, ti butto in acqua: fammi vedere se sai nuotare!».
Le ultime parole famose, prima di essere accerchiato da colleghi di Rai, Mediaset e ANSA. Passa il ministro, il REC è attivato, ma la vera registrazione è quella che sto vivendo dentro di me. Da quel momento scatta un amore folle per quella che sarebbe diventata la compagna più bella da voler conquistare: la videocamera, una di quelle che ti cambia la vita e te la fa vivere “un quarto di pixel alla volta”.
Quel tirocinio fu tutto per me: il videomaking mi trasformò in un video-giornalista, e trasformò se stesso, come direbbe il buon Armani, in quella “eleganza non da notare, ma da ricordare”. I microfoni, il treppiede, lo stabilizzatore divennero l’emblema di una crescita costante tanto nel campo giornalistico quanto in quello multimediale, ma soprattutto rappresentarono la motivazione principale verso il mio balzo decisivo: un’esperienza in una filmmaking company. Ecco: la videocamera me la sono ricordata eccome!
16 novembre 2019. Con gli occhi socchiusi, dopo due giorni di viaggio in aereo passando per Londra e Pechino, e con 10 ore di jet lag tra Europa e Oceania, vedo “l’eternità del mare mischiato col sole”. Giuro che non provo a copiare Arthurt Rimbaud per immaginarmela davanti agli occhi, così come non attingo da Herb Caen quando provo a descriverla, ma devo ammettere con tutto il mio cuore che quando la vidi pensai: “Se il Paradiso è così, mi trasferisco a Sydney per sempre”.
Fu tanto shakespeariano il mio incontro con la città dei canguri e dei koala: la perfetta “alchimia nella combinazione tra emozioni ed immagini”, quasi come un fotogramma in una pellicola di Francis Coppola. Questa, però, era la mia pellicola più personale, quella del mio più introspettivo editing. Arrivai subito a capire l’importanza del “guaio” in cui mi ero cacciato: stavo imparando a riprendere e montare da tizi che avevano lavorato con Disney e Paramount, tanto per citarne un paio, e non si limitavano al banale cavalletto con microfono per le interviste, bensì montavano dei veri e propri palcoscenici cinematografici. Fu lì che pensai: “Come è possibile che io abbia voluto fare il giornalista per tutta la mia vita e ora mi ritrovo a voler diventare anche un film-maker?”.
Mio padre mi ha sempre detto che nella vita bisogna fare ciò che si è capaci di fare, e allora guardavo gli altri per “rubare il lavoro”, registravo seguendo tutti i consigli necessari, caricavo l’attrezzatura per essere utile al gruppo, piangevo tra me e me per sorridere agli altri. E alla fine, guess what? Aveva ragione mio padre: presi la fotocamera Sony Alpha 7 di Lenard, il direttore della film-making company dove stavo facendo pratica, e decisi di fare un mini-video per la pagina “solo italiani estero” per il mio tutor aziendale, che nel frattempo aspettava progressi da Bruxelles, e per me stesso, per migliorarmi e per mettermi alla prova.
3 gennaio 2020. Il mio tutor aziendale: «Ho guardato il video australiano: beh, eccezionale, tecnicamente è fatto molto bene, complimenti davvero! Bravissimo!».
13 gennaio 2020: Ho finalmente comprato l’attrezzatura e la mia fotocamera. Indovinate? Una Sony Alpha 7.
Questa parte della mia vita, l’Australia, questa piccola parte della mia vita si può chiamare Felicità”. O meglio, “video-happiness making”, mate!”
Michele, studente di Editoria e Giornalismo
Instagram: @mr.melemayo
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