Alessia Prest, alumna di Scienze delle attività motorie e sportive Univr, vive a Shanghai dove insegna in una scuola americana. Il suo grande entusiasmo e la voglia di provare nuove esperienze l’hanno portata, in un primo momento, a trasferirsi da Belluno a Verona per studiare, per poi spiccare il volo verso Erlangen, vicino a Norimberga, per l’Erasmus. Dopo otto anni in Germania da studentessa e da insegnante, è arrivata l’opportunità per Alessia di una nuova esperienza in Cina.

Ciao Alessia, parlaci un po’ del tuo percorso di studi.

Il mio percorso è iniziato all’Università a Verona, dove nel 2013 mi sono iscritta a Scienze motorie. Sono rimasta qui per i primi due anni e, al terzo, ho deciso di voler provare un’esperienza all’estero con l’Erasmus. Non avevo ancora le idee chiare su cosa volessi fare a livello professionale, ma mi premeva migliorare l’inglese e imparare, perché no, un’altra lingua. Così ho fatto domanda per il Portogallo, la Spagna e la Germania: mi hanno assegnato quest’ultima destinazione, precisamente Erlangen, vicino a Norimberga. In Germania ho trascorso l’intero ultimo anno di triennale, durante il quale ho svolto anche il tirocinio. Abitavo vicino a una scuola internazionale e ho pensato che, avendo già fatto un breve stage in una scuola elementare a Verona, sarebbe stata una buona idea proseguire anche in Germania nell’ambito scolastico, per capire se potesse effettivamente piacermi.

Da subito mi ha molto affascinato l’ambiente, perché le classi in quella scuola vanno dall’asilo alla quinta superiore e ci sono studenti da tutto il mondo con tante culture raccolte in un solo edificio. Ho affiancato alcuni professori di Educazione fisica – sia delle elementari che delle medie e delle superiori – e poi, alla fine del periodo di tirocinio, si è aperta una posizione per insegnante di Educazione fisica part time all’asilo. Il capo del mio dipartimento mi disse di provare a fare domanda perché il mio modo di insegnare era stato giudicato molto positivamente. Così, dopo qualche titubanza – non avevo ancora conseguito la qualifica di insegnante – mi decisi a presentare domanda. Ho affrontato i colloqui con relativa tranquillità perché pensavo che ci sarebbero stati tanti altri candidati ben più qualificati di me e invece, alla fine, mi hanno preso!

Quindi, se alla mia partenza l’idea era di stare dieci mesi in Germania, alla fine ci sono rimasta otto anni. Nell’ottobre del 2016 mi sono laureata, poi, dal mio secondo anno in Germania, ho iniziato a lavorare: avevo poche ore di lavoro per cui, nel frattempo, sono riuscita a portare a termine anche una laurea magistrale internazionale in Physical Activity and Health presso l’Università FAU, un corso tutto in inglese che mi ha permesso di arricchire il mio bagaglio linguistico e sportivo. Il corso non aveva molto a che fare con l’insegnamento ma ho imparato tanto sulla ricerca e su come l’attività fisica sia importante per tutta la popolazione, non solo per bambini e ragazzi ma specialmente per adulti e anziani.

Come sei arrivata a ottenere un posto di lavoro?

Trascorsi questi due anni, ho raggiunto la consapevolezza di voler proseguire nell’insegnamento. Ho iniziato, progressivamente, a ottenere più ore a scuola lavorando, inizialmente, anche con classi di quarta e quinta superiore, dove insegnavo Sport, Exercise and Health Science. In questa materia si acquisiscono nozioni di anatomia, fisiologia, nutrizione, biomeccanica, analisi del movimento, psicologia dello sport…tutti studi che avevo affrontato durante la triennale a Verona. Nel frattempo, durante la mia permanenza a Erlangen, ho ottenuto anche la certificazione all’insegnamento, con un corso online erogato da un’università americana.

Negli otto anni trascorsi in Germania ho conosciuto gente da tutto il mondo, che ha fatto esperienze in qualsiasi Paese e questo mi ha portato ad avere il desiderio di esplorare. Ho amato la Germania, ma sentivo di voler provare a vedere qualcosa di nuovo in questo mondo: così, l’anno scorso, ho dato le dimissioni. Mi sono iscritta a una piattaforma di ricerca lavoro specifica per le scuole internazionali che ti collega alle scuole che ricercano un profilo compatibile con il tuo. Si erano presentate due posizioni aperte: per una scuola elementare in Malesia e per una scuola superiore a Shanghai, in Cina. Ho fatto i colloqui e ho optato per la seconda opzione, proprio perché con i ragazzi più grandi provo maggiore soddisfazione.

Non sarei qui se non avessi fatto l’Erasmus, per questo sarò sempre grata all’Università di Verona, dalla quale è partito tutto il mio percorso.

Da un punto di vista culturale e linguistico, come ti stai trovando in Cina?

Sono arrivata qui a Shanghai a luglio 2024 ed è un cambiamento al quale mi sto ancora abituando. La scuola è grandissima e la cultura è molto più orientata al risultato. È una mentalità che ti viene inculcata dalla società, i voti valgono tutto per loro. C’è sicuramente un livello di competizione molto alto e se non prendono sempre il massimo dei voti ne escono molto afflitti.

È uno shock culturale, ma quello che volevo era proprio vedere come funziona il mondo visto da un’altra prospettiva. Per tante cose, qui sono 10-15 anni in avanti, con una tecnologia che qui è molto avanzata. Fenomenale. Devo dire che qui sono efficaci, veloci e anche molto rispettosi. Si fa più fatica, invece, a socializzare, perché gli abitanti sono quasi sempre immersi nello schermo del telefono, anche i contesti come la metropolitana o il ristorante. I rapporti sociali ne risentono sicuramente molto.

Alla lingua cinese ci sto lavorando: non ho ancora frequentato corsi quindi non la parlo, ma è tra i miei obiettivi cercare di impararla un po’, almeno per quelle situazioni basilari.

Tu lavori in una scuola americana in Cina…

Esatto. Nella scuola dove lavoro, i ragazzi, per potersi iscrivere, devono avere passaporto diverso da quello cinese: la maggior parte di loro sono americani – seppur con origini cinesi – ma ci sono anche una discreta percentuale di sudcoreani, una minoranza giapponese e qualcuno proveniente da Hong Kong o dall’Europa. Quasi tutti gli studenti che si iscrivono a questa scuola, lo fanno per approdare in un secondo momento alle università americane più rinomate.

Come dicevo, trattandosi di una scuola americana, lo “stampo” è quello statunitense. Un’influenza che si avverte molto: gli studenti sono molto impegnati in club e attività extracurricolari. Lo sport e le competizioni internazionali sono gli highlights dell’anno. È una scuola molto competitiva, dove si avverte tanta pressione tra i ragazzi, dovuta forse da molteplici fattori, come la società, i genitori e i requisiti delle università a cui loro aspirano. Per queste ragioni gli studenti stessi mirano ad ottenere la perfezione in tutte le materie. Non solo lavorano instancabilmente durante l’anno scolastico, ma anche durante le loro vacanze dato che frequentano altre scuole o prendono lezioni private per migliorare ulteriormente le loro conoscenze in ambito accademico.

Passiamo invece agli insegnanti… tu di che cosa ti occupi nello specifico?

Personalmente seguo studenti di due classi prime superiori e due seconde superiori dove insegno Educazione fisica, oltre a una quarta superiore che seguirò fino al loro quinto e ultimo anno dove insegno Sport Science, che è una materia del curriculum scientifico del Diploma IB. L’International Baccalaureate è un programma educativo che offre la possibilità agli alunni dell’ultimo biennio di personalizzare il proprio percorso scolastico scegliendo uno dei curricula messi a disposizione da affiancare ad altre materie che, al contrario, rimangono fisse per tutti.  Programmi scolastici come questo “anticipano” materie che poi andranno a studiare all’università e danno tanta importanza alla pratica e ai progetti di gruppo. Il programma IB è riconosciuto da diversi atenei nel mondo, per cui, nel momento in cui fanno domanda per entrare all’università, il fatto di avere questo diploma affiancato a quello della tua scuola ti dà un punteggio superiore, motivo per cui in tanti lo scelgono.

Inoltre, la scuola adotta un programma di Advisory, che prevede che gli insegnanti facciano da riferimento per gruppi ristretti di ragazzi. Al momento ne seguo dieci e con loro ci si vede ogni mattina, si fa un riassunto della settimana, si parla di eventuali problemi con altre materie, ed è anche prevista un’ora settimanale dove si parla degli argomenti più disparati come il bullismo, la sicurezza online, l’organizzazione degli appunti… è bello questo ruolo perché ti accorgi di non essere solo un insegnante ma anche una figura alla quale rivolgersi nel caso di problemi, pensieri o bisogno di parlare con qualcuno. Sei lì per loro e ti senti ancora più utile alla causa perché fungi da sostegno morale.

E poi c’è il nuoto, una passione che non hai mai abbandonato…

Sì, ho nuotato tutta la mia vita, nuoto ancora anche se non a livello professionistico. Amo il nuoto e mi ha insegnato e aiutato tantissimo anche a livello scolastico a organizzarmi, a controllare le emozioni, a dare il tutto e per tutto, a non arrendersi, ad aver degli obiettivi e cercare di raggiungerli, a fallire e poi rialzarsi.

Al termine delle superiori non sapevo ancora cosa fare nella vita, per cui ho passato un anno a conseguire brevetti per diventare istruttrice di nuoto. Ho insegnato un po’ a tutti: corsi per bambini, ma anche acquagym per anziani.

Sia quando ero in Germania che qui in Cina, ci sono gli sport dopo scuola, con delle vere e proprie squadre. Quest’anno ho allenato studenti delle superiori, mentre dall’anno prossimo avrò ragazzi delle medie. Posso dire che sono soddisfazioni perché è bello vedere un gruppo di studenti fuori dalla scuola, in un ambiente diverso che dia loro l’occasione di mostrare anche altre qualità. E poi trovo bellissimo che i ragazzi possano rappresentare la propria scuola andandosi a misurare in tornei contro le altre scuole.

Della tua esperienza universitaria, cosa ti porti ancora dentro?

Ricordi ne ho tantissimi. Ma in generale c’è un ricordo di gioia, di libertà mischiato anche un po’ all’incertezza perché, come nel mio caso, sei nuovo in città, non conosci nessuno. Tra mille titubanze, sei libero di fare le tue scelte… a tuo rischio e pericolo.

Ho dato un valore enorme al rapporto con i miei coinquilini, perché impari a condividere cose con gente che non fa parte della tua famiglia, ma che lo può diventare. Ho conosciuto persone fantastiche e amici stretti. Ricordo anche il sedersi nelle aule giganti, fare i corsi pratici, le feste alla sera, i viaggi avanti indietro Verona-Belluno. Secondo me, il bello dell’università è che sei conscio di quello che stai facendo, sei tu che decidi per te stesso. È un’esperienza di vita a tutti gli effetti.

Infine, cosa consiglieresti a chi sta studiando?

Credo sia giusto prendere l’università con serietà e impegnandosi perché sono tanti anni della tua vita ma, allo stesso tempo, sono anni d’oro perché sei al picco della motivazione, della forza, di tutto. Servono anche leggerezza, divertirsi, trovare il tempo per trascorrere i pomeriggi con gli amici, uscire alla sera, trovarsi nel fine settimana, organizzare ritrovi o tornei; insomma, avere anche altro, non deve esserci solo lo studio per gli esami. Va trovato un equilibrio, come in tutto.

Per me, poi, è stato molto importante l’anno all’estero. Se l’università te ne dà la possibilità, è un valore aggiunto rispetto a quella che è già la meravigliosa esperienza universitaria. È stato come fare l’università al cubo perché impari e ti sviluppi tantissimo. Ti arricchisce molto da un punto di vista culturale e personale, ti dà la possibilità magari di scoprire professioni alle quali non avevi mai pensato, conosci persone che possono darti spunti interessanti raccontandoti le loro esperienze. Vedi il mondo attraverso altre lenti, è bellissimo, se tornassi indietro rifarei tutto, con gli alti e i bassi che ci sono stati. Non è comunque facile perché ci vuole impegno ma rimane un’esperienza speciale e unica. La raccomando al cento per cento.


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