Mi sono laureata alla triennale a novembre 2019 e per la magistrale ho pensato di partecipare al programma Erasmus per un semestre: una sorta di regalo, un’esperienza all’estero che tanto avevo sognato. Quando ho saputo di essere stata presa in Francia, precisamente in Bretagna a Rennes, ero contentissima!  

Sono partita l’8 gennaio, ho fatto tappa a Parigi per un paio di giorni e in seguito, il 12 gennaio, sono arrivata ufficialmente a Rennes. Quest’esperienza è iniziata in maniera strepitosa: tantissime nuove amicizie con persone provenienti da qualsiasi nazione, moltissimi viaggi, escursioni organizzate e tantissimi confronti a livello culturale che mi hanno arricchita moltissimo.  

Ad un certo punto, però, questa avventura Erasmus cambia.  

Erano trascorsi circa due mesi, quando la mia esperienza all’estero inizia a prendere una piega diversa. Verso la fine di febbraio arriva una notizia: in Italia erano stati registrati i primi casi di Covid-19. In Francia la situazione era diversa, perché in quelle settimane non c’erano ancora stati dei contagi. Ricordo quelle settimane e i sentimenti contrastanti che continuamente si presentavano: cosa stava accadendo nel mio Paese? Noi italiani in Erasmus avevamo forse più timore di tutti gli altri ragazzi, poiché stavamo vivendo l’inizio della pandemia tramite i racconti dei nostri familiari, dei nostri amici, dei nostri legami più cari.  

Dopo qualche settimana dalle prime notizie tutto ciò che stava accadendo in Italia, che avevo vissuto indirettamente, cominciò piano piano a verificarsi anche sotto ai miei occhi. Ricordo giovedì 12 marzo, quando annunciarono che anche in Francia tutte le università sarebbero rimaste chiuse dal lunedì successivo. Quel weekend andai a restituire i libri presi in prestito dalle biblioteche dell’Università e cercai di bloccare tutti gli abbonamenti di cui stavo usufruendo. Arriva quindi il lunedì e le università chiudono. 

A poco a poco le restrizioni aumentavano e i dubbi su cosa fare o non fare crescevano di giorno in giorno. Io, assieme ad altri italiani che avevo conosciuto, alloggiavo nella residenza universitaria dove c’era una cucina in comune. Ogni giorno le domande erano sempre più frequenti: partire o non partire? Oppure rimanere? Il viaggio? I contagi? Tantissimi erano i dubbi che, giorno dopo giorno, si sovrapponevano nei nostri pensieri. 

 Molti ragazzi di altre nazionalità sono stati rimpatriati subito. A noi italiani, invece, è stato chiesto di scegliere. Così iniziai a valutare entrambe le opzioni, ovvero rimanere o partire, continuando a monitorare la situazione. Ricordo le chiamate all’Ambasciata, alla Farnesina e soprattutto ai familiari preoccupati. Piano piano la scelta iniziale che ci era stata offerta ha assunto un altro significato, perché i mezzi per rientrare in Italia diminuivano di giorno in giorno. Rennes si trova nel Nord-Ovest della Francia e dista circa un’ora e mezza di treno da Parigi. Cercai un volo per il rimpatrio, ed era garantito (da Parigi a Roma-Fiumicino e da Roma-Fiumicino a Milano Malpensa), ma i treni e qualsiasi altro mezzo per arrivare a Parigi si riducevano sempre di più e le restrizioni alla circolazione aumentavano.  

Iniziò così una corsa contro il tempo per riuscire a prendere i mezzi ancora garantiti per tornare a casa. Il primo volo di rimpatrio, previsto per il 31 marzo, era garantito ma il treno per raggiungere Parigi (e di conseguenza l’aeroporto) venne cancellato. Chiamai quindi la compagnia aerea, che molto gentilmente riuscì ad anticiparmi il volo al 29 marzo.  

Arrivò quel giorno: erano le 19 quando finalmente arrivai a Milano Malpensa. Ricordo l’ultima parte del mio viaggio di ritorno, in autostrada da Milano verso Vicenza: la strada completamente vuota, deserta. Dopo aver trascorso i 15 giorni di auto-isolamento, obbligatori per chi rientrava da un Paese estero, sono tornata a vivere normalmente con la mia famiglia. L’università francese, molto disponibile, ha permesso a tutti gli studenti di terminare il programma Erasmus a distanza, di seguire le lezioni e di svolgere gli esami online. Sono così riuscita a terminare il programma dell’università francese.  

È stata un’esperienza che non mi sarei mai aspettata di affrontare, una sorta di uragano all’improvviso che ha scosso qualsiasi certezza, un repentino cambio di programmi e di progetti, e che mi ha fatto capire quanto a volte, molte cose che diamo per scontate, in realtà, possono cambiare velocemente. 

Erika, studentessa di Lingue per la comunicazione turistica e commerciale
Instagram: @erikavitomi