Mi sento un’amanuense digitale: per un anno on&off, grazie all’assegno di ricerca dell’Università di Verona, alla generosità di Nica Borgese, all’ospitalità di Renato Camurri e all’accoglienza di Arnaldo Soldani, facendo la spola con Firenze, dove Elisabeth Mann alla morte del marito nel 1952 ha creato il Fondo Borgese, ho trascritto i Diari americani di Borgese 1935-1952.

I dieci quaderni in questione sono custoditi presso la Biblioteca Umanistica dell’Università degli Studi di Firenze, luogo che frequento da numerosi anni e dove ho avuto modo di conoscere e apprezzare il personale assennato – una per tutte Maria Enrica Vadalà – che si alterna nella Sala Rari in tutte le stagioni. L’enorme mole di studiosi che frequenta le Biblioteche fiorentine conosce bene il caldo rovente dei mesi estivi e il vento gelido dei mesi invernali. Ma la nostra è una missione e sembra che più le condizioni sono avverse, più i ritmi sono monastici, più ci prendiamo eroicamente gusto.

La trascrizione è un lavoro certosino, che a dirlo lascia a bocca aperta tutti: «dopo tanti anni di ricerca e insegnamento ti metti a trascrivere?». Ebbene sì, la trascrizione è un approdo in un porto molto ben collegato con destinazioni potenzialmente infinite. Grazie alla trascrizione del manoscritto autografo – già danneggiato dal tempo e dall’alluvione – si salva dal deperimento e dall’oblio un materiale culturale di inestimabile valore, si permette grazie alla stampa e eventualmente all’Open Access la diffusione ad un pubblico di lettori molto più ampio degli sparuti utenti della Sala Rari. Ovvio che la trascrizione non è fine se stessa, comporta una ricerca aperta perché Borgese ha avuto una vita a dir poco dinamica, piena di risurrezioni e svolte, con contatti illustri e una produzione sterminata.

Al termine dell’anno e quasi al termine delle trascrizioni – grazie anche al normalista Federico Sessolo – mi si pone un dilemma, che poi è quello di sempre da quando lavoro su Borgese: adottare i ferri del mestiere dei filologi o quelli degli storici? La prossima tappa consisterà infatti nel tentare di stabilire un quadro, degli argini che mi consentano di non compiere troppi passi falsi nel territorio degli uni e degli altri… Sarò in grado di mixare i due approcci e soddisfare l’orizzonte di attesa di un pubblico colto, curioso, multidisciplinare e internazionale? Credo inoltre fermamente che Borgese parli a tutti, mi auguro pertanto che l’edizione risulti, non dico divulgativa, ma accessibile ai più. Che dire, Verona è stata una cornice discreta, elegante e accogliente nei confronti di un autore con il quale non c’erano legami; ho infatti l’impressione che Borgese continui a viaggiare e farsi apprezzare ovunque arrivi (portandosi dietro me).

Nel 2022 Ilaria De Seta ha avviato un progetto di ricerca sui Diari inediti di Giuseppe Antonio Borgese con un assegno di ricerca del Center for European Studies del Dipartimento di Culture e Civiltà, Università di Verona.

Prima parte del racconto (pubblicato nel mese di giugno 2022 su Peopleof.univr)

Ilaria De Seta, assegnista di Storia contemporanea, Dipartimento di Culture e Civiltà