
Stefano Torregrossa è laureato in Filosofia all’Università di Verona. Dopo la laurea, complice un master in Creazione e gestione d’impresa, è stato per lui amore a prima vista per la comunicazione aziendale creativa. Poi nel 2005 il grande passo nell’imprenditoria, con la fondazione di O,nice! Studio: agenzia che ha il design di prodotto come suo core business, applicato in particolare al mondo del vino. A completare il profilo dell’Alumno Univr, che è anche docente nell’ambito dell’editoria e del design, una grande passione per l’informatica e per le jam session.
Ciao Stefano, parlaci un po’ di te e del tuo percorso, a partire dai tuoi studi in Filosofia fino ad arrivare a una realtà apparentemente così diversa come quella di un’azienda nel campo del design.
Sono arrivato a questo lavoro per una serie di coincidenze. Ho fatto un liceo scientifico perché era la scuola più vicina a casa, ma anche perché ero un mezzo “secchione” quindi avrei fatto comunque il liceo, il Medi di Villafranca. Tra le varie materie, non ero propriamente un fan di quelle scientifiche, avevo evidentemente scelto l’indirizzo sbagliato (ride, ndr)… ma mi piaceva molto filosofia, il che mi ha portato poi a scegliere il corso di laurea da frequentare.
Inizialmente c’è stata un po’ di reticenza da parte dei miei genitori, che mi chiedevano che lavoro sarei andato poi a fare. In barba ai programmi futuri, ho scelto comunque Filosofia, che ho iniziato nell’ottobre del 1997, allora durava quattro anni. L’ho fatta in un battito di ciglia perché era proprio una disciplina che sentivo mia e questo ha aiutato a rendere gli anni all’Università di Verona i migliori dal punto di vista scolastico, senza alcun dubbio.
Durante i miei anni di formazione c’era già stato qualche indizio sulla professione che poi sarei andato a fare: sono passato sia dalla redazione del giornale scolastico che, successivamente, a una delle testate universitarie per le quali disegnavo. Va detto che ero anche un nerd dei computer e della tecnologia in generale, quindi questi fattori hanno sicuramente aiutato nell’ottica di diventare designer.
Finita Filosofia, non avevo ancora idea di quale sarebbe stato il mio futuro. C’era un master in Creazione e gestione d’impresa, organizzato all’epoca dall’ateneo di Verona rivolto soprattutto alle materie umanistiche. Nel corso, ci siamo ritrovati tra linguisti, filosofi, laureati in lettere antiche, lettere moderne, scienze della formazione… ho provato a fare questo master anche se non avevo particolari propensioni auto imprenditoriali. Sono riuscito a entrare perché, nonostante fossi arrivato ventunesimo su venti ammessi, quello prima di me aveva deciso di ritirarsi.
Tra le molte materie fatte c’è stato un modulo sulla comunicazione in azienda, il brand aziendale e la creatività: è stato amore a prima vista. Quando è stato il momento di intraprendere lo stage, che era compreso nel percorso del master, un docente mi ha consigliato di rivolgermi a una piccola agenzia di Vicenza. Qui, non solo mi hanno preso per lo stage nonostante fossi un umanista senza alcuna apparente competenza accademica in termini di design, ma hanno anche deciso di tenermi per i successivi tre anni una volta finito lo stage.Conclusa l’esperienza a Vicenza, stanco della vita da pendolare, ho aperto la partita Iva, nel 2005.
Quest’anno saranno per me vent’anni di auto imprenditoria: è vero che la fortuna è una componente, ma lo è altrettanto il fatto che la rete di contatti e l’ambiente in cui la fortuna può prosperare te li devi costruire te. Quando la botta di fortuna arriva devi essere sveglio, saper reagire e tirare fuori il meglio. Senza dubbio, nel mio percorso ci sono state una serie di coincidenze, però c’è stato anche l’istinto personale di provare a fare questo master invece che, magari, finire altrove. Ho agito senza farmi particolari piani o programmi che, spesso, vengono disattesi.
La fortuna aiuta gli audaci, come si suol dire, il tuo ne è un esempio virtuoso. Quali aspetti della filosofia ti sei portato dietro e come si svolge la tua professione attuale?
La filosofia risolve problemi molto più grandi di un prodotto che non vende, per fare un esempio. Ti educa a una forma mentale estremamente aperta, flessibile e creativa o perlomeno crea un terreno in cui, se ci abbini un mestiere creativo, quest’ultimo attecchisce e funziona bene. Andrebbe insegnata per legge in tutte le scuole del mondo! Scherzi a parte, la mente di chi ha studiato o si è appassionato alla filosofia è una mente molto fertile. Tanti miei ex colleghi di corso oggi lavorano come grossi manager nelle risorse umane in grandi aziende.
Quella filosofica credo che sia un tipo di preparazione accademica in grado di aprire realmente tante porte diverse perché presenta un difetto che è anche il suo più grande pregio: non insegna nulla di pratico. Insegnandoti una capacità di ragionamento, se tu poi hai capacità, coraggio, audacia e attributi allora i risultati possono essere migliori rispetto comunque a una mentalità più tecnica su una disciplina. Penso che la mia formazione accademica mi abbia insegnato una capacità di ragionamento che poi io ho applicato al mestiere di Designer. Altri colleghi l’hanno fatto in altri settori.
Ci parli della tua attività, l’agenzia O,nice! Studio?
O,nice! Studio è nata come un’agenzia per la carta stampata, quindi niente digital né web. Poi, con il tempo, la rete di colleghi e amici che abbiamo messo in piedi ha fatto sì che ci trasformassimo in un’agenzia vera e propria, a tutto tondo. Ora siamo in quattro interni più una rete enorme di fornitori. Ci occupiamo di design e comunicazione, anche digital: dalle foto ai video, ai render, dai social al web, al design di prodotto. Quest’ultimo rimane il nostro core business storico, applicato in particolare al mondo del vino, spirits, food, cosmetica.
Ho due figli e la ragazza più grande, che a breve dovrà scegliere la scuola superiore, mi dice che vorrebbe fare il liceo scientifico, anche se ha diversi dubbi sulle porte che questo indirizzo potrebbe aprirle.
Io le porto, nel mio piccolo, la mia esperienza: non bisogna scegliere una scuola o un’università in funzione del lavoro che si vorrà andare a fare. Questo, secondo me, per tre motivi principali: il primo è che il mercato del lavoro oggi va talmente veloce che il mestiere che farai dopo la laurea sarà molto probabilmente ben diverso da ciò che inizi a studiare oggi; il secondo è che quando inizi un percorso accademico, più o meno complesso, devi essere pienamente convinto e sentirlo tuo in ogni cellula del tuo corpo… cosa che non può accadere se la tua ragione principale per studiare è solo quella occupazionale. Infine, la cosa più importante, ed è il motivo per cui sceglierei mille altre volte Filosofia: bisogna studiare perché è bello conoscere le cose, si diventa cittadini ed esseri umani migliori. Il lavoro che si andrà a fare è solo una coincidenza collaterale e non può diventare l’obiettivo ultimo della scelta di una scuola o di un corso di laurea.
Il percorso di studi deve essere personale, per crescere come persone, educare meglio i nostri figli, essere migliori cittadini. Il lavoro verrà da sé, ma intanto formiamoci come persone, solo poi come lavoratori. Sono due livelli differenti. Ma temo che si stia andando in direzioni diverse, premiando le materie tecniche molto più di quelle umanistiche. Io premo più per le seconde, ci servono anche degli umanisti per prendere le scelte giuste, e non sempre geniali tecnici. Credo moltissimo in questa cosa.
Come si svolge la tua giornata lavorativa?
Le giornate sono molto variabili, per fortuna il mio non è un lavoro ripetitivo, per cui ogni giorno si svolge diversamente. Dormo poco, sono un mattiniero, mi sveglio verso le sei con mia figlia grande che deve prendere l’autobus per andare a scuola. Facciamo colazione assieme e poi la accompagno alla fermata. Torno a casa e sveglio il resto della famiglia: il più piccolo ha bisogno del suo tempo, a mia moglie invece porto il caffè a letto tutte le mattine da quando siamo sposati. Dopodiché, faccio un’oretta e un quarto di palestra e poi vado in ufficio, verso le otto.
Di solito non pranzo e faccio una tirata fino alle quattro e mezza di pomeriggio, orario verso il quale torno a casa. Nonostante io ami il mio lavoro, per me le cose belle della vita succedono fuori dall’ufficio: non mi va di sacrificare fino alle sette e mezza di sera. Cerco di prendere del tempo da dedicare alla famiglia e alle mie passioni, prima fra tutte la musica: suono diversi strumenti (piano, basso, batteria, chitarra) in numerose band e in jam session serali con gli amici.
A livello lavorativo, sei tu a interfacciarti con i clienti?
Ho fatto tanti anni da solo, dalla contabilità ai progetti veri e propri, dalla ricerca dei clienti al commerciale, dalla partecipazione agli aventi al recupero crediti. Col tempo ci siamo strutturati in maniera diversa: oggi ho dei designer che mi danno una mano e col tempo sto diventando sempre di più la parte commerciale di contatto e gestione del cliente. Mi sono accorto che sto diventando sempre più un gestore del lavoro altrui, adoro organizzare le cose, ci tengo molto al controllo e all’ordine. Allo stesso tempo, sto cercando di non perdere il mio tempo per progettare, alcuni lavori li seguo io dall’inizio alla fine. Mi piace progettare e fare design oltre che farlo fare agli altri.
Un’altra componente del mio lavoro è insegnare: sono docente da una decina di anni, sia al master in Editoria dell’Università di Verona dalla sua primissima edizione, sia all’Istituto Design Palladio. Inoltre, comincerò a insegnare quest’anno anche al Moodart, non distante dal mio ufficio.
Nei mesi scorsi sono stato anche allo Iulm di Milano a tenere una lezione sulle tecniche di stampa… insomma mi piace circondarmi di gente giovane, è un aspetto fondamentale e importantissimo.
Dicevi di non pensare di dover avere un talento eccezionale nelle cose perché poi un’attitudine si può sviluppare nel tempo e si forma.
Certo, eccome. Io credo che lavorare sia la cosa più facile da imparare. È molto più complicato capire il giusnaturalismo di Hobbes che imparare un mestiere nuovo. Per questo c’è bisogno di vivere serenamente il fatto che non per forza bisogna avere chissà quali talenti, riconoscerli e trasformarli in un mestiere.
Ci vuole la voglia di fare…
Ci vogliono la voglia di imparare, la curiosità intellettuale, la voglia di sbattersi, la disponibilità al sacrificio, su questo non c’è dubbio. In questo la filosofia e le materie umanistiche aiutano perché credo ti diano una predisposizione al sentirsi sempre mancanti di qualcosa e quindi a saperne sempre di più. Se hai questo tipo di mentalità, allora il mondo del lavoro sarà una passeggiata.
Ogni anno ho circa 2-3 tirocinanti che si alternano e vedo le differenze tra quello che studiano e cosa poi succede veramente in agenzia. Le cose si imparano, basta avere curiosità, voglia di sacrificio, disposizione mentale a mettersi in gioco, dire “ok, non sono arrivato, mi studio questa cosa che non conosco”. Sono tutte convinzioni che ho e cerco di portare avanti quotidianamente anche se è da 20 anni che faccio questo mestiere. Si può anche non avere alcun talento ed essere felici, vivere felicemente, che è meglio di lavorare felicemente. Con ottimismo e positività.
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