“Probabilmente l’avvicinarsi della discussione della tesi di Dottorato non è paragonabile al terrore che don Abbondio ebbe all’appropinquarsi dei Bravi, miei venticinque (e spero anche qualcuno di più) lettori; tuttavia, almeno da parte mia, non mi appariva certo come una passeggiata della salute. Il dover cercare di rendere quanto meno comprensibile (“interessante” è un termine da Iperuranio) la mia ricerca, e doverlo fare in lingua inglese, mi atterriva già prima di scoprire che avrei affrontato la questione attraverso la cosiddetta, famigerata, “modalità Covid”; ossia online, dietro lo schermo di colui (sì, la personificazione non è casuale) che tutti noi abbiamo imparato a conoscere a fondo nei due mesi circa di lockdown: il PC.
La preoccupazione maggiore non poteva che essere una: l’assenza di connessione (o l’instabilità, che è, se possibile, ancora più terrificante perché foriera di fermi immagini il più delle volte parodistici). Invece tutto è filato fortunatamente liscio come l’olio (perdonate il colloquialismo di tale immagine, ma ritengo sia iconica come poche). Anzi, ad essere sinceri, forse anche di più. Paradossalmente, il non avere una platea fisicamente di fronte, ha abbassato il livello di tensione (se qualcuno fra voi studia Psicologia potrà sicuramente fornire una spiegazione adeguata) con il risultato di esporre la mia presentazione in maniera quanto meno soddisfacente. Non mi soffermerei nella descrizione dell’evento in sé, e neppure sul cerimoniale di vestizione precedente alla discussione.
Ora, alcuni doverosi ringraziamenti. Il primo va al Corso di Dottorato in Economia dell’Università ed in particolar modo al coordinatore del Corso ed al mio supervisor, per avermi permesso di migliorare costantemente, non solo dal punto di vista delle skills acquisite, ma anche a livello di esperienze di vita. Il secondo ringraziamento va ai miei colleghi, i quali hanno sempre allungato una mano in mio soccorso. Il terzo ringraziamento è alla mia famiglia. Il quarto ed ultimo è rivolto alla mia fidanzata, la quale è stata àncora di sostegno in questi anni, anche quando la barra del timone sembrava non poter reggere.
Concludo con un invito a tutti voi (o, almeno, a coloro che sono arrivati a leggere fin qui). Non mollate mai, anche quando la montagna sembra troppo impervia. I professori non sono qui per “fregarvi”, ma svolgono esattamente il ruolo di docenti, nel senso latino del termine. E ricordate: chiedere aiuto non è segno di debolezza ma di coraggio, perché solo ammettendo i propri limiti si può migliorare.”
Davide, Dottore di Ricerca in Economics