Potresti scoprire che la cosa che odi tanto è la stessa che ti manca da morire quando non c’è

“Ciao Univr. Lo so, lo so, è tanto che non ci vediamo, di sicuro queste parole non bastano per compensare la distanza che stiamo avendo da ormai più di un mese.

Stavo sistemando un cassetto in camera mia e ho trovato un block notes, quello che viene dato durante le prime settimane di lezione.

Ti scrivo queste parole perché, fondamentalmente, mi manchi.

Lo so, lo so, te ne ho dette tante, te ne ho dette di tutti i colori, Ma, in fondo, lo sappiamo tutti: è quello che amiamo che ci fa incazzare più di tutto.

E allora a pensare, scrivere e leggere queste parole mi vengono in mente quelle del Dr. Kelso nella puntata 3×14 di Scrubs: “Potresti scoprire che la cosa che odi tanto è la stessa che ti manca da morire quando non c’è”.

Mi mancano le lezioni, le risate con i compagni di corso e, perché no, anche le interazioni con i professori.

Le lezioni online in fondo non sono così male, anzi sono così dannatamente comode che mi sento in colpa a stare bene in un momento così particolare per tutti noi.

Ciao Univr, ci vediamo presto.”

Gabriele, studente di Marketing e comunicazione d’impresa
Instagram: @gabriele_faedo

La piega assurda che ha preso il mio Erasmus mi sta dando la lezione più importante: siamo tutti uguali e vulnerabili

“Sono partita per la Lituania il 28 Gennaio 2020. Vivo a Vilnius più di 70 giorni. Era il 16 Marzo 2020 quando, al fine di poter controllare il contagio da COVID-19, il Governo lituano ha dichiarato la quarantena sull’intero territorio nazionale. A differenza di altri Paesi, siamo ancora liberi di uscire, obbligatoriamente con la mascherina e in gruppi di non più di due persone. Ma alla fine poco cambia, perché là fuori di aperto non c’è niente, se non supermercati e farmacie. I confini nazionali sono chiusi, nessuno può entrare e nessuno può uscire, salvo per chi torna al proprio Paese d’origine.

Ma che fare quando quel Paese è tra i primi al mondo per numero di contagi e decessi? È davvero una buona idea tornare a casa? A questo punto, quel che è giusto o sbagliato è estremamente soggettivo.


Quel 28 Gennaio l’Italia contava solo 2 casi di Coronavirus. Sono partita con un bagaglio pieno di curiosità, di voglia di esplorare, di conoscere persone da tutto il mondo per poter entrare in contatto con culture e tradizioni diverse; volevo divertirmi, sperimentare la vita universitaria all’estero e pensare a nient’altro se non al fatto che stessi vivendo l’esperienza più bella della mia vita.


Le prime settimane non le dimenticherò mai: ho conosciuto tantissime persone delle più svariate nazionalità, e quando loro mi chiedevano “E tu? Da dove vieni?”, io rispondevo con fierezza “Sono italiana”. Ma con il passare dei giorni e l’aumento esponenziale dei casi di contagio del virus in Italia, la fierezza è diventata quasi paura. Paura di essere sentirsi a disagio, paura di un rifiuto, paura di far paura. Quando le persone hanno paura, la parte irrazionale scavalca quella della ragione, e porta generalmente a creare pensieri come “Sei italiano? Sei inevitabilmente portatrice del virus”. E a rincarare la dose c’è che stiamo vivendo una pandemia mondiale ai tempi dei social che, con il loro potere di distorcere la percezione della realtà e del pericolo, influenzano i comportamenti umani.

Nel primo periodo di soggiorno all’estero, tutti andavamo avanti con la nostra vita tra università, studio, cene con gli amici, feste ed eventi, cercando di vivere al meglio. Ma lo sguardo degli italiani non l’aveva nessun altro, perché a casa nostra la vita si stava gradualmente bloccando, quasi già a presagire quello che prima o poi si sarebbe verificato anche qua.


In Lituania ci sentivamo al sicuro, e poi eccolo là, il primo caso di contagio; poi il secondo, il terzo e così via. Oggi il numero dei contagi è di quasi mille persone e noi ci siamo tutti resi conto che non c’è più differenza tra una nazione e un’altra. Il mondo è un unico grande Paese. La preoccupazione nei nostri occhi  adesso appartiene anche a tutti gli altri.


E scrivendo questa breve testimonianza mi sono accorta che, alla fine, nonostante la piega assurda e inimmaginabile che ha preso questa esperienza Erasmus, la lezione più importante l’ho colta lo stesso: la diversità nazionale, culturale o sociale che a volte ci fa sentire distanti, non cambierà mai il fatto che siamo tutti, indistintamente, esseri umani e, in quanto tali, vulnerabili.”

Micaela, studentessa di Lingue e culture per l’editoria
Instagram: @micamarci

Ho scelto Buenos Aires per concludere il mio percorso universitario, non mi sarei mai aspettata di passarci il lockdown

“Un anno esatto fa mi laureavo in Lingue e Letterature Straniere, ma avevo già cominciato la magistrale in Editoria e Giornalismo con promessa di laurea. In questi anni non mi sono mai fermata un attimo: ho viaggiato tanto, scritto per La Gallina Ubriaca, Fuori Aula Network, lavorato come interprete in fiera e alla mostra del cinema di Venezia. Non contenta, di notte indossavo una divisa arancione e mi trasformavo in soccorritrice volontaria della Croce Verde.

Ho seguito instancabilmente tutte le mie passioni, senza ovviamente tralasciare l’università e portando avanti gli esami e il tirocinio.

Forse l’unica cosa che avrei voluto davvero erano due settimane di tranquillità per leggere la pila di libri che si accumulavano sul comodino.
Per unire i due percorsi di studio, ho deciso di completare gli ultimi tre esami a Buenos Aires, dove mi trovo attualmente. Qui posso praticare lo spagnolo, una delle cinque lingue che parlo, e approfondire lo studio del giornalismo: questi sono i motivi principali che mi hanno portata fin qui.

Non mi sarei mai aspettata però di trascorrere qui la quarantena, imposta appena un mese dopo il mio arrivo. Ho deciso di restare qui per non correre il rischio del contagio durante il rimpatrio, ma anche così è dura.

È difficile stare da soli in Argentina, dall’altra parte del mondo e lontani dalla propria famiglia. La situazione cambia ogni giorno e bisogna prendere decisioni altrettanto velocemente, senza avere la garanzia che siano quelle giuste. Purtroppo i momenti di sconforto e incertezza non mancano, per questo cerco di darmi degli orari e di ricostruire una parvenza di routine quotidiana: studiare, scrivere, leggere, chiamare i miei cari, aggiornarmi sulle notizie, fare esercizio fisico, guardare film, migliorare il russo.

Anche restando a casa cerco di mantenermi impegnata.

Mi dispiace solo che quest’esperienza, che avrebbe dovuto essere la degna conclusione del mio percorso universitario, abbia preso invece questa piega. In un modo o nell’altro però sono convinta che mi stia formando anche così.

Adesso almeno ho le mie settimane per leggere tutti i libri che voglio… Peccato che la maggior parte siano rimasti in Italia perché non ci stavano in valigia!”

Lara, studentessa di Editoria e Giornalismo
Instagram: @dead_popcorn_

Non c’è quarantena che tenga, l’emozione e la felicità di quel momento non scemano a causa della distanza

In nome della legge e per i poteri conferitimi dal Magnifico Rettore, la proclamo Dottore in Lettere“.

“Argomento di oggi: le fantomatiche e temute lauree per via telematica. Vi parla una reduce che, malgrado le modalità inaspettate di questa sessione, non ha smesso di sorridere un secondo dalle 18.40 di quella sera ad oggi. Perché non c’è quarantena che tenga, l’emozione e la felicità di quel momento non scemano a causa della distanza.

Poco più di un mese fa finivo di scrivere la tesi e iniziavo a pensare all’organizzazione del grande giorno. Un mese fa chiudeva l’Università di Verona e si cominciava a fare i conti con i primi provvedimenti contro l’emergenza del Coronavirus. Certamente le aspettative erano ben diverse. “Fa passare la poesia laurearsi in camera da letto”, mi è stato detto. Sarà stato il fatto che la mia tesi analizza una raccolta di un poeta, Fabio Pusterla, ma un pizzico di poesia (contemporanea) io l’ho visto anche in questa circostanza.

E così le pareti di camera mia – e la mia famiglia in un angolo – sono state testimoni della discussione, di un’ansiosa attesa, della proclamazione, della mia voce rotta che ringraziava per quella menzione della lode che mi ha riempito il petto di commozione.

Non avevo il completo dei miei sogni né la tesi rilegata, ma va bene così. I festeggiamenti arriveranno ancora più entusiasti una volta che questo duro periodo sarà passato. Quella sera, con in testa l’alloro “rubato” ai vicini, ho fatto festa tra telefonate e videochiamate di parenti e amici. Felice e raggiante, nonostante tutto. Ecco com’è stata la mia laurea ai tempi del Covid-19.

Allora in bocca al lupo a tutti i laureandi e congratulazioni ai neolaureati. Ad maiora, colleghi!”

Marta, neolaureata in Lettere all’Università di Verona
Instagram: @marta.bertolini

Pallavolista per caso laureato da casa: distanti oggi per riabbracciarci domani

“Sono un ex pallavolista e mi sono laureato all’Università di Verona online, come sta accadendo spesso in questi tempi di Coronavirus. La mia tesi, intitolata “Pallavolista per caso. elementi da un’indagine sul sistema sportivo italiano”, ha coinvolto personalità dal mondo dello sport, inclusi tifosi, dirigenti, giocatori, campioni olimpici, giornalisti ed esperti di diritto.

Laurearsi da casa è possibile. Il modo è il più impensabile, ma la gioia per questo importante momento esplode ugualmente.

È vero, accade tutto lontano da amici e parenti, fisicamente distanti rispetto alla Commissione, ma presto ci sarà occasione di festeggiare questo risultato e riabbracciarci.

Ora è il momento di rispettare le indicazioni che ci sono state date e di restare a casa.

Devo ringraziare tutto il sistema universitario di Verona per aver permesso a noi studenti e studentesse di laurearci in questo delicato momento.

Distanti oggi, per riabbracciarci domani.

Uniti ce la faremo!”

Federico, laureato in Scienze dei Servizi Giuridici per l’Amministrazione

 Instagram: @fedecentomo11

Proudly powered by WordPress | Theme: Baskerville 2 by Anders Noren.

Up ↑